la memoria è un ponte verso la libertà

Sì, lo voglio

«Io, Maria, prendo te, Fiorentino, come mio sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, e di onorarti e rispettarti ogni giorno della mia vita».

Oggi ci saremmo sposati. Dopo 18 anni e 87 giorni. Avremmo dichiarato in pubblico la nostra promessa. È una promessa che ci siamo confermati ogni giorno, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia. Senza scritture, senza firme. Non ci sono mai necessitate. Da qualche anno, però, era nato il reciproco orgoglio d’una fede al dito riconosciuta dalla società. Abbiamo dovuto fare i conti con i nostri reciproci passati, disconosciuti prim’ancora di incontrarci. Scontrarci con la burocrazia di due Stati e cittadinanze. Impieghi da lasciare ed altri da mantenere. Abbiamo fatto i conti con mia madre che moriva, mio padre che invecchiava e ci lasciava. Abbiamo atteso figli che prendevano il volo e nipoti che nascevano. Affrontato le tue e le mie malattie. Abbiamo aperto nuove case, chiuse, ristrutturate.

Dopo sette operazioni, l’ottava. – Superiamo anche questa e poi, finalmente…
Solo i figli e pochi amici a testimoniare… ciò di cui hanno preso coscienza già da diversi anni.

Sarebbe stata una calda giornata. La natura era dalla nostra parte, ha ritardato l’inizio dell’autunno per concederci una festa col sole. Non si è accorta che non ce n’era più bisogno.

«Io, Maria, ho preso te, Fiorentino, come mio sposo da 18 anni. Ti sono stata fedele sempre, nella buona e nalla cattiva sorte, in salute e in malattia. Ti prometto di onorarti e rispettarti ogni giorno della mia vita, oltre ogni confine tra respiro e apnea, fra battito e morte».

La morte non divide ciò che l’amore ha unito.

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