la memoria è un ponte verso la libertà

Diario di nonna Maria

a Nadine, Julia, Maya, Sophia, Dèsirèe, Marshall, Alizèe, Noah, Cèline...

...a Pamela, Naomi e Nicolò...

ancor più ad Enea, per restituirti la vita che il tempo ti ha rubato

Nel 2008 ho perso mia mamma; solo in quel momento ho preso coscienza che le sue mani erano le mie mani. Per me è cominciato un viaggio alla ricerca degli aspetti di lei che mi somigliavano. Fino ad allora non ci avevo mai pensato, avevo visto solo le nostre differenze.
Ciò che più mi mancò fin dai primi momenti fu la sua voce. Presi coscienza che non avrei mai più sentito il suo canto. Mia mamma aveva una bellissima voce e la mia memoria conserva l’immagine sua che cantava mentre stirava la biancheria.
Non avevo mai registrato la sua voce e l’avevo persa per sempre!

Pochi mesi dopo diventai nonna, una nonna giovane, avevo 45 anni. In breve tempo la mia vita assunse una nuova fisionomia: nell’arco di un anno tutti i miei tre figli non erano più i ragazzi che dovevo crescere ma uomini e donne, genitori a loro volta. La vita scorre così in fretta! Bambina, adolescente, donna, madre… e d’un tratto nonna. Fu in quel momento che maturai l’idea di un diario.

Prima di doverci salutare vi racconterò la storia di una bambina color seppia che stringe ancora la sua bambola di pezza. Una storia lontana e talmente diversa dal vostro essere, nella quale a tratti ritroverete qualcosa che è parte di voi… perché questa è la NOSTRA STORIA, mia e vostra e la scriveremo insieme.

E vi racconterò di Lui, di quel nonno che qualcuno di voi ha conosciuto per un tratto di strada più lungo, qualcuno un po’ meno e qualcuno forse ne ha appena potuto percepire la sua presenza. Vi racconterò di Noi, una storia che merita d’esser raccontata.

Sono nata il 13 agosto 1963, alle ore 14:45 all’ospedale Maria Vittoria di Torino. Quel giorno era martedì e faceva un gran caldo. Il giorno prima c’era stato il funerale di mio nonno paterno.

Mia mamma si chiamava Giuseppina Paola Pignatta.

Mio papà si chiamava Mario Alberti.

Scelsero per me il nome di Maria Adelina Maddalena. Durante la prima guerra mondiale, un mio antenato aveva fatto un voto alla Madonna: se fosse tornato vivo avrebbe dato nome Maria alla prima figlia. Nella famiglia Alberti, per due generazioni, nacquero solo maschi; la mia nascita saldò il debito tramandato. I nomi furono scelti anche in riferimento alle rispettive nonne. La nonna paterna, infatti, si chiamava Adelina Maria e la nonna materna Maria Maddalena. Io fui il perfetto legame. I miei genitori avevano deciso come primo nome Maria e i successivi come secondo e terzo ma, per errore dell’impiegato dell’anagrafe, la virgola fu spostata dopo il secondo nome: mi sarei sempre dovuta firmare come Maria Adelina

La mia famiglia abitava a Torino in via Fidia 26 nella casa dei genitori di mio papà,  finita di costruire da mio nonno paterno in seguito alla morte di suo padre. Nonna Lina continuò ad abitare con noi per tutta la vita.

Il 18 agosto, giorno di Sant’Elena, fui battezzata nella cappella del Maria Vittoria. Furono scelti Rita Favaro, come madrina, e Luciano Pessana come padrino.

All’uscita dall’ospedale mi aspettavano anche i miei fratelli maggiori: Alessandro di 4 anni e Roberto di due.

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