la memoria è un ponte verso la libertà

Ottobre

Arrivano le prime ore fredde. Da lunedì le temperature scenderanno drasticamente e sono previste lunghe giornate di pioggia.

Vengo da un tempo in cui il cambio stagioni cadenzava la vita di tutta la comunità. No, niente a che fare con oggi, dove per le strade incontri tardive maniche corte che si mescolano con giubbotti e cappotti.

Ieri eravamo tutti più sintonizzati. Le mamme avevano già provveduto al cambio di stagione. Via gli abiti estivi, archiviati in alto negli armadi, in letargo fra compresse di canfora e involucri di nylon.
Negli armadi-spogliatoi dei corridoi avevano preso vita i soprabiti di tutta la famiglia. L’autunno si vestiva di soprabiti e ombrelli, anticipando cappotti e sciarpe dell’inverno.

Erano pressoché tutti simili; si distinguevano per semplici soprabiti in panno o impermabili. Per i capi in panno il colore predominante femminile era il blu, qualcuna azzardava quadri su varie tonalità di grigio. Per gli uomini preferibile il nero.
Gli impermabili, invece, erano di color beige-kaki, con l’inconfondibile cintura in vita. Non avevano cappucci. Le donne indossavano cappellini rotondi; per le bimbe dall’interno del cappello uscivano i paraorecchi. Gli uomini il classico cilindro a tesa larga, grigio o nero. I bambini e ragazzi cappello con visiera davanti; anche per loro spesso i paraorecchie.

Per giacconi, giubbotti, eskimo, avremmo dovuto attendere ancora qualche anno.

Sul pianerottolo o nel corridoio il portaombrelli. Non esistevano i pieghevoli. Gli ombrelli per gli uomini erano rigorosamente neri. Colori vivaci erano riservati solo ai bambini. Per le donne piccole fantasie su colori scuri.

Si provvedeva anche al cambio scarpe. Ogni componente della famiglia aveva un solo paio di scarpe per la stagione fredda e uno per stagione calda. Unica eccezione gli stivali per l’inverno. In autunno scarponcini. Le scarpe da ginanstica si utilizzavano solo in palestra: erano tutte di tela, bianche e blu.

Forse era anche questa uniformità nel vestiario e le operazioni cambio-stagione fatte tutti insieme, ad unirci come comunità, a farci sentire in sintonia con gli altri e con il tempo. E si era tutti un po’ meno soli.

I lunghi singhiozzi
dei violini
dell’autunno
feriscono il mio cuore
di un languore
monotono.
Tutto soffocante
e livido, quando
suona l’ora,
mi ricordo
dei giorni vecchi
e piango.
Ed io me ne vado
per il vento malvagio
che mi porta
di qua, di là,
simile alla
foglia morta.

[Canzone d’autunno, Paul Verlaine]

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