Hai raggiunto la mia vita nel periodo in cui era più disordinata… e hai messo ordine. Con pazienza e comprensione, ma con fermezza.
Era un periodo stano per me e cercavo la fuga in ogni modo: macinando chilometri e chilometri di strada, bevendo alcolici che non avevo mai bevuto ed associandovi psicofarmaci. Tutto ciò, unito ad uno stato di stress eccessivo subito a lungo, in pochi mesi mi aveva provocato danni alla salute permanenti.
La tua prima cura fu l’eliminazione di ogni motivo di stress, il farmi tornare – o forse insegnarmi – a sorridere; la tua presenza costante – anche quando spesso eravamo ancora distanti – con la quale mi rassicuravi che ogni problema lo avremmo affrontato e superato insieme; l’insegnarmi che avevo diritto ad essere amata ed eri tu a farlo. Ogni sostanza alcolica sparì da casa mia, così come le gocce a cui facevo ricorso. Riguardo ai chilometri macinati – iniziammo a viaggiare insieme.
Col tempo, visto la mia ernia iatale e ipertensione avresti iniziato a dosarmi anche i caffé. Eri sempre tu a prepararmelo: alla mattina col capuccino e dopo pranzo macchiato, come piace a me. Due al giorno, non di più, tranne rare eccezioni. Sei sempre stato molto più preciso nel rispetto delle regole e così sei sempre stato tu a regolarizzare anche l’orario della mia terapia che preparavi accuratamente.
Da quando sei partito la terapia l’assumo quando mi ricordo e con i caffé ho un po’ esagerato. I primi giorni avresti chiuso un occhio anche tu, ma poi ho iniziato a sentire i tuoi rimbrotti. E così da qualche giorno sono tornata a darti ascolto: due caffé al giorno, non di più… tranne eccezioni.
– Basta che le eccezioni non siano troppe – stai dicendo.