la memoria è un ponte verso la libertà

Caffè shakerato

Te lo avevo fatto conoscere io. Era mia mamma a preparlo nell’estate, per me e mio padre a cui piaceva molto.

Come sempre, quando venivi a conoscenza di qualcosa che mi piaceva – soprattutto se inerente la cucina – tu finivi per diventarne un esperto. Finché non mi hai conosciuto non eri solito cucinare. I primi tempi me ne occupavo sempre io. Poi tu man mano mi hai chiesto il “tuo spazio”, che io ti ho ceduto molto volentieri. Non mi è mai piaciuto più di tanto cucinare; per qualche breve periodo mi ci sono anche divertita e incuriosita, proprio nel periodo che sei arrivato tu. Ma certamente non rientrava fra i miei principali interessi.

A te invece piaceva. Sei stato persino grato che io ti lasciassi campo aperto. Fino ad allora non lo avevi mai avuto. Per te è stata una vera passione. Cercavi ricette, le sperimentavi e le ripetevi finché non ne diventavi un esperto. Per te è stato anche un altro bellissimo modo di prenderti cura di me.

Cucinavi anche ciò che tu neppure mangiavi, perché non ti piaceva. D’estate le zucchine in carpione… a te non piacevano. Anche quelle le avevi imparate da mia mamma che le preparava sempre per me e mio papà. Oppure gli involtini di fettine di tacchino, con dentro peperoni, philadelphia, prezzemolo… Ti eri infine abituato a magiarne uno o due quando li preparavi per me.

E poi il caffè shakerato, ogni giorno d’estate. Quando ti ho conosciuto erano diversi anni che tu non bevevi più il caffè. Meno che mai lo avresti bevuto freddo! Negli ultimi anni avevi preso l’abitudine di bere l’orzo o il ginseng dopo pranzo.

Quest’anno non avevamo ancora iniziato nulla di tutto ciò. Quest’anno l’estate per noi non è mai arrivata, tranne che per il caldo da sopportare. Da fine aprile i nostri giorni sono stati dedicati unicamente a visite ed esami, fra ospedali di Torino e San Marino, enormi problemi burocratici fra le due sanità. I nostri giorni sono trascorsi fra le mie paure e il tuo ottimismo, ma anche il tuo dolore.

L’estate l’avremmo iniziata a vivere “dopo”. Dopo quell’operazione che io attendevo con terrore e tu come liberazione da quel dolore di cui eri stanco. Un’operazione che superasti bene, con un recupero persino inaspettato per la sua velocità. Sapevamo che ci attendevano mesi complicati per il tuo recupero, ma sapevamo anche che insieme li avremmo superati.

Fino a quel dannato sabato, cinque giorni dopo l’operazione, mentre già si parlava di dimissioni. Quel pomeriggio quando si è scoperto che in quell’ospedale dove eri entrato per curarti, avevi affrontato un’operazione che ha avuto dell’incredibile, eri stato contagiato da un batterio che in poche ore avrebbe posto fine alla tua vita e alla mia.

Il futuro non è mai come te lo saresti aspettato – ti sento ripetere.

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito.