la memoria è un ponte verso la libertà

Buongiorno

Mi volto verso il comodino, gesto a cui devo disabituarmi. Quasi sempre ero io a svegliarmi per prima e ti guardavo dormire.

Buongiorno – la nostra prima parola; un bacio. Non c’è giorno, che mi ricordi, che l’abbiamo dimenticata.

Poi tu ti alzavi e andavi in bagno, in cucina. Io m’attardavo sul letto, lusso che non m’ero mai potuta concedere prima. E tu mi portavi a letto la colazione.

Sei diventato un esperto del capuccino montato e, d’estate, shakerato freddo. A volte uscivi presto, qui o a San Marino, per andare a prendere le brioche fresche.

Lo sai che non dobbiamo mangiarle!

E va beh, per una volta… – era sempre “per una volta” quando si parlava di cucina con te.

Persino le brioche le tagliavamo in due e, metà a me metà a te, anche se erano due.

Normalmente erano due fette biscottate che ricoprivi con la marmellata… la cura che ci mettevi nello stendere quel velo di marmellata.

Che fretta c’è? Resta ancora un po’ a riposarti – ti dicevo.

Prima ti porto la colazione e poi mi riposo.

Poi ti mettevo le gocce negli occhi.

Non sono state mai mie richieste, io abituata da sempre a tutt’altro. I primi tempi non li capivo neppure questi gesti.

Guarda che sono capace!

Mi hai insegnato che meritavo tutta una serie di attenzioni, che tutta la vita non avevo mai avuto da nessuno.

E tu lo hai capito, da subito, senza bisogno che te lo raccontassi.

Piccoli gesti quotidiani con i quali mi hai abbracciato per 18 anni.

E non sai quanta paura, oggi che mi manca!

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