la memoria è un ponte verso la libertà

La Pasqua

L’uovo di Pasqua era uno. Lo portava mio padrino Luciano la vigilia a casa nostra, insieme a suo fratello Renato (padrino di mio fratello Roberto) e spesso anche al padrino di mio fratello Alessandro, Carlo. Erano un gruppo di amici con mio padre fin da quando erano ragazzini. Mio padre era il più grande, era stato il loro capo-gruppo in parrocchia. Ognuno di noi bambini riceveva un uovo dal proprio padrino.

Generalmente era contenuto dentro una scatola di cartone grigio con una fessura ovale su un lato che fungeva da finestra per vederlo. Negli anni ’60 si usavano fiocchi molto grandi, erano di raso. Mia mamma li stirava e conservava nel cassetto dell’armadio dei miei vestiti. Ne avevo una nutrita collezione per le mie pettinature.

Le uova si aprivano al pranzo di Pasqua, dopo la Messa. Mamma e babbo ci compravano le scarpe per la primavera al posto dell’uovo. Nonna metteva qualche soldo sui nostri rispettivi libretti di risparmio in banca. A fine pasto non mancava mai la colomba ricoperta con la glassa zuccherata.

Nel pomeriggio di Pasquetta andavamo a trovare gli zii Giovanni e Nina che abitavano a Piossasco, in campagna. Altrimenti partivamo la mattina presto per la casa di Selvaggio (bassa Val di Susa). Mamma e babbo non hanno mai avuto l’abitudine delle scampagnate nei prati, il tavolino pieghevole era sistemato sul balcone. Per il pranzo si cucinavano tante uova sode, accompagnate da freschi pomodori come antipasto; la pasta e pollo arosto con patate. Solitamente con noi c’era anche zia suora, Teresina, che tornava dal convento di Genova per ogni festività.

Nei giorni precedenti le festività pasquali si inviavano cartoline d’augurio ai parenti più distanti. Si acquistavano in cartoleria o dal tabaccaio. I colori non erano molto sgargianti con disegni di bambini, campane, agnellini e pulcini. Le scriveva mamma a nome di tutta la famiglia e poi io scrivevo il nome come firma. Il nome dei miei fratelli lo aggiungeva mamma, pensando che loro sarebbero stati disordinati. Quando ho avuto qualche anno in più, ho iniziato ad acquistarle e scriverle per conto mio.

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