la memoria è un ponte verso la libertà

La bicicletta

Da bambina ho sempre preferito giocare all’aperto e raramente chiedevo giocattoli. Con qualsiasi stagione e meteo volevo solo scendere in cortile, meglio se in compagnia, ma anche da sola andava bene. I miei giocattoli erano quindi quasi sempre legati all’attività all’aperto, come palloni o attrezzature sportive.
Il giocattolo più importante della mia infanzia è stato senza dubbio la mia prima bicicletta. A lei è legato anche uno dei primi traumi che ricordi, quando mi hanno tolto le rotelle.
Il nonno è sempre stato una persona mite e buona, ma quel giorno aveva il volto di un funzionario della Corea del Nord, mentre, impassibile davanti alle mie lacrime e alle mie suppliche, è venuto e mi ha tolto le rotelle.
Stavo per compiere sei anni e una cosa del genere era inammissibile, dovevo andare in bicicletta come i grandi.
Ricordo che rimasi per un po’ inebetita di fronte a una così grande ingiustizia che mi piombava addosso, in un pomeriggio di fine estate in cui ero scesa a giocare con tutta la tranquillità del mondo, inconsapevole di quello che stava per accadere.
Poi mi sono decisa a salire con la rassegnazione del condannato e incredibilmente, dopo aver barcollato un po’, la bicicletta funzionava lo stesso. Ma non come prima, ora sembrava volare.
Iniziai a non mollare più la bicicletta. Mi lanciavo in corse sempre più veloci, curve rasenti i muri, sgommate. Collezionavo sbucciature e lividi. In estate mostravo con orgoglio le mie gambe scorticate ai parenti e alle amiche di mamma, ricevendo anche complimenti.
Erano gli anni ’80 e ai bambini era concesso imparare a cadere e rialzarsi da soli.
All’età di dieci anni ho ricevuto la mia prima mountainbike. Era l’estate del 1990 e, da allora fino al conseguimento della patente, la bicicletta è stata il mio mezzo di trasporto principale. In montagna mi arrampicavo ovunque e in città giravo per il quartiere. La cosa più bella era buttarmi giù nelle discese e sentire il vento nei capelli e addosso, ebrezza che ai ragazzini di oggi non è più consentita, costretti ad indossare il casco e a imbacuccarsi nelle protezioni.
Ho tenuto quella bicicletta per trent’anni, finché la scorsa primavera mamma e papà a sorpresa me ne hanno fatto trovare una nuova in garage.
Oggi non uso più la biciletta come mezzo di trasporto, c’è troppo casino di uomini e mezzi che mi fa innervosire.
La uso solo per allenarmi in collina e quando incontro altri ciclisti tutti bardati mi guardano strano, perché io vado senza alcuna protezione.
L’aspetto più bello della bicicletta per me è infatti ancora buttarmi giù dalle discese e sentire il vento addosso, e in quei momento sembra che tutto vada bene.

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