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Il pupazzo di neve

Rotolarsi e fare l’angelo nella neve resta il desiderio più grande di tutti i bambini. Quanti di voi, magari insieme al vostro papà, almeno una volta avete preso alcuni rametti, un cappellino, una sciarpa e una carota, e avete dato sfogo alla vostra creatività? Se non lo avete fatto, certamente lo farete. Da nord a sud il pupazzo di neve è tradizione diffusa in tutte le regioni d’Italia.

Ma come hanno avuto origine questi pupazzi di neve?
Bob Eckstein nel suo libro “La storia del pupazzo di neve“ ha provato a dare una risposta a questa domanda. Bob ci racconta le origini dell’omino delle nevi attraverso alcune immagini, infatti ha scovato disegni, xilografie, incisioni che dimostrano la presenza del pupazzo di neve.

Il primo ritratto di un pupazzo di neve si trova nel “Libro delle Ore”, del 1318 e custodito in una biblioteca dell’Aia. Ci sono poi delle stampe risalenti al Cinquecento: si tratta di un ritratto che ritrae dei ragazzi uniti in girotondo attorno ad un personaggio bianco.
In questi disegni possiamo notare una figura simile ad un uomo, ma senza un corpo vero e proprio. La sua immagine è composta da tre palle disposte una sopra l’altra in ordine decrescente a partire dal basso: esattamente come oggi.
Ma le tradizioni viaggiano insieme agli uomini e così ecco varcati i confini di numerosi paesi europei.
Il pupazzo di neve ha origini pagane, infatti, è un prodotto del folklore nordico. L’Italia del medioevo è fortemente cristiana ma accoglie e rinnova riti pagani. Così è anche per il pupazzo di neve.  Originariamente legato al ciclo delle stagioni, il morbido omino diventa per il culto cristiano simbolo di rinascita. Mentre un seme quando muore d’inverno va sotto terra per rinascere in primavera, l’uomo di neve viene realizzato in inverno per poi sciogliersi una volta che arriva il caldo.
Così il Cristianesimo accoglie il pupazzo come un angelo del cielo. La neve di cui si forma infatti è un dono di Dio, un tramite tra Dio e il suo popolo. Le persone, infatti, si riunivano attorno all’omino di neve per esprimere dei desideri, che si sarebbero esauditi quando la neve si sarebbe sciolta.
Secondo un’antica parabola europea, un giorno il demone è apparso a San Francesco d’Assisi, personaggio medievale, noto per gesti di bontà e numerosi miracoli, per tentarlo ai piaceri della carne. Francesco per resistere uscì dalla sua cella, si mise a correre nudo tra la neve dell’orto. Ne raccolse un po’ e plasmandola in forma di sfera iniziò a costruire le sagome di ben sette pupazzi. Ma chi erano questi omini bianchi? Per San Francesco rappresentavano i componenti della famiglia che sarebbe nata se avesse ceduto alla tentazione. “Fa presto, vestili o moriranno dal freddo ma se questo ti dà preoccupazione torna dal tuo Dio!” gli ordinò il Maligno. Immediatamente Francesco rientrò nella sua cella illuminato dal fuoco dello Spirito Santo e l’omino di neve diventò un mezzo per combattere demoni e oscure creature.
Un’altra leggenda lega il nome di Michelangelo, il noto genio dell’arte, al pupazzo di neve.
Un tempo pittori, scultori e artisti erano a servizio del potere. Se si compiva un passo falso, se cambiavano i giochi, se non si era più favoriti, allora si rimaneva senza incarichi. Questo è quanto accadde anche al nostro Michelangelo dopo la morte di Lorenzo il Magnifico. Trascorsi due anni di fatiche e disagi economici all’artista rinascimentale si presentò un’occasione o forse meglio dire una provocazione. Piero de Medici, soprannominato “il fatuo”, figlio di Lorenzo e Clarice, propose a Michelangelo la realizzazione di una scultura che doveva essere realizzata interamente di neve. Accolta la sfida Michelangelo riuscì a realizzare un pupazzo in un cortile di via Larga a Firenze. Le fattezze erano perfette e ancora una volta l’artista dimostrò la grandezza del suo nome.

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