la memoria è un ponte verso la libertà

Il pasto

Avete notato? Le confezioni monoporzione dei cibi quasi non esistono. Sono previste almeno due porzioni. Anche se penso che oggi siano in molti a pranzare da soli. È una goccia di umanità che rimane in un tempo sempre più inumano.
Certamente il confezionamento è decretato unicamente da convenienza commerciale… fatto sta che è quel pizzico di umano che ancora resiste.
In effetti non c’è nulla di umanamente comprensibile nel mangiare da soli. Il pasto è innanzitutto momento di condivisione e senza qualcuno con cui condividerlo perde di qualsiasi valore. Il più delle volte non avverti neppure il sapore di ciò che ingurgiti.
Non ha senso imbandire la tavola, non ha senso neppure cucinare e perde di significato anche l’osservanza degli orari.

Il pranzo in famiglia è sempre stato un rito prim’ancora del comune consumo di cibo. È un momento di ritrovo, di pausa nella giornata. La cena è un momento per terminare insieme il giorno prima di prepararsi al dormire. Il pasto è il tempo per raccontarsi reciprocamente un anedotto, la storia della propria giornata. Lo anticipa il profumo che invade le stanze, la preparazione della tavola, il richiamo di tutti i componenti in cucina.
A tavola vivono gli sguardi complici, le risate per una battuta, le discussioni intavolate (non a caso l’aggettivo), anche i battibecchi che vengono solitamente smorzati dai più anziani, il passarsi i piatti e le bevande: tutto contribuisce a creare un momento di condivisione quasi magico.

Negli ultimi decenni sempre più si è andati verso la perdita di questo rito. Imputata la fretta, la vita frenetica, gli orari di lavoro e studio… Eppure se torniamo indietro nel tempo, le ore dedicate al lavoro era in numero maggiore nella giornata: il lavoro nei campi, la mancanza di elettrodomestici che facilitano le incombenze, la presenza di un numero ben superiore di componenti della famiglia a cui accudire, la vita media più breve…

Oggi giorno ci si appresta ai pasti con orari basati unicamente su se stessi, ognuno consumando ciò che gli pare. Più o meno si rispetta il rito in date particolari: il Natale, Capodanno e le varie festività, qualche sporadico picnic a base più che altro di panini nell’estate. Momenti nei quali il dialogo è frammentario, brevi comunicazioni lapidarie che non prevedono risposte; momenti frettolosi in cui i conviviali (anche in questo caso il termine non è stato coniato a caso) hanno ben poco di condiviso, ognuno perlopiù con gli occhi sul proprio smartphone anziché all’incrocio nello sguardo dell’altro.

C’è un forte bisogno di tornare al valore di questo rito, di insegnare alle nuove generazioni che se sposti un po’ la seggiola si può aggiungere un posto a tavola.

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