la memoria è un ponte verso la libertà

Carri, carrioli e… carruzzi

Il mitico carretto a pallini era il gioco preferito dei ragazzi di una volta; nella sua semplicità richiedeva riflessi pronti, creatività, abilità tecniche e anche un po’ di coraggio.
I ragazzi li costruivano autonomamente, unendo un asse di legno con dei cuscinetti a sfera.

Negli anni del secondo dopoguerra, in Sicilia, il traffico automobilistico era così rarefatto che non costituiva un grave pericolo per l’incolumità dei giovani giocatori, i quali non erano particolarmente disturbati dalla presenza delle auto, tant’è che nelle strade, le preferite erano quelle in particolare pendenza, non era raro assistere alla discesa vertiginosa dei carrettini: un mezzo di locomozione che funzionava autonomamente soltanto in discesa ed era costruito dallo stesso pilota con rimediate assi di legno inchiodate a formare un triangolo con alle estremità quattro cuscinetti a sfera o altre rotelle di varia origine che fungevano da ruote.
I ragazzi andavano nelle officine per chiedere ai meccanici i cuscinetti a sfera usurati.
Il problema era reperirli ancora in buono stato; non c’erano mica i soldi per comprarli nuovi!
Poi si cercavano della tavole larghe e un bullone centrale che fungeva da perno per lo sterzo.
Due ruote venivano fissate a una sorta di manubrio, di solito un pezzo di manico di scopa, che funzionava tramite una corda legata alle estremità che, tirata dal guidatore, permetteva di effettuare svolte che spesso finivano con un ribaltamento, poiché sui freni non si poteva far grande affidamento essendo costituiti molto spesso da bastoni legati al telaio ed inclinati verso l’asse posteriore.
Quando si voleva frenare, non si doveva fare altro che tirare verso l’alto la parte anteriore del bastone che, abbassando la parte posteriore, la portava a strisciare contro il fondo stradale. Naturalmente le discese potevano essere anche collettive con più piloti che si sfidavano a chi raggiungeva per primo il traguardo.
Questo gioco aveva anche un valore di unione generazionale: spesso nonni, padri e nipoti si mettevano insieme a costruire i carrioli o ‘u carruzzu (come lo chiamavamo noi nell’ennese).
Il gioco con i carrettini in realtà è molto antico e, a parte i cuscinetti a sfera, non era molto diverso da quello praticato in tempi moderni.

Nell’antica Roma i bambini giravano per le strade con carrettini, di solito in legno, tirati da cani, capre, pecore.
A Piazza Armerina nel mosaico del Vestibolo del Piccolo Circo di Villa Casale sono raffigurati quattro bighe trainate da oche, fenicotteri, colombacci e trampolieri. È rappresentato anche un ragazzo che premia con un ramo di palma il vincitore.
Nell’antica Roma vi erano carrettini ancora più semplici di quelli del mosaico di Villa Casale: erano costruiti con un bastone con all’estremità una forcella munita di una sola ruota, oppure di tre ruote, due posteriori e una anteriore.
Nel comune di Milo dal 2013 la tradizione si rinnova: viene organizzata una competizione con diversie categorie e premi.

Negli Stati Uniti, il carretto a pallini è arrivato tardi ma, come sempre, è diventata una disciplina sportiva vera e propria, supportata da ampia ricerca scientifica.
Si chiama speed down: è uno sport che trova nella velocità la sua essenza. Si tratta di una disciplina molto adrenalinica, competitiva, sana e che rispetta la natura, infatti i mezzi utilizzati non producono alcun inquinamento, né acustico né atmosferico.
I piloti scendono lungo strade asfaltate alla guida di mezzi ad energia gravitazionale (privi di motore) e devono impiegare il minor tempo possibile (se si tratta di discesa cronometrata) oppure sopravanzare gli altri concorrenti (in caso di discesa a sfida diretta) per completare percorsi mediamente di circa due chilometri.
Anche in Italia esiste una federazione speed down, con articolato calendario di gare in programma.

Fonte: https://www.facebook.com/LudumMuseodellaScienzaCatania/photos/a.328078010645762/3287186231401577/

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